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OSCAR 2016 – Previsioni

Pubblicato: febbraio 27, 2016 in Uncategorized
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Oscars poster 2016.jpg

 

#questione_di_caprio, ne parlo subito e non ci penso più. Quando si deve eleggere un Pontefice e c’è un candidato troppo favorito, spesso si dice che questi entra in conclave da Papa per uscirne poi Cardinale. Temo che il signor Di Caprio farà la stessa fine anche quest’anno: la sua candidatura è un argomento di tale portata che alla fine, in Academy, non sarà votato. E benché la cabala lo aiuti pure (in molti casi capita di un attore che faccia accoppiata Golden Globe/Oscar -lui quest’anno ha vinto già il Golden Globe per lo stesso film-), ancora non son convinto di una sua vittoria. Al di là di questi discorsi basati sul poco, Leo rimanda l’appuntamento con la statuetta per il semplice fatto che esagera nella sua recitazione in Revenant: fa troppo, fa di più, e se fosse potuto uscire dallo schermo per intrattenersi con gli spettatori, lo avrebbe fatto. Come se dovesse dimostrare che lui PUO’ tutto e gli altri no. Sinceramente lo meritava di più due anni fa per il suo Wolf al posto di McConaughey che, pur essendo stato bravo, non si è dimostrato così sfaccettato. E chi può soffiargli il premio?

Eddie Redmayne (The Danish Girl) butta sul tavolo un’interpretazione ancora basata sull’aspetto fisico: basta vedere il trailer per convincersi della bravura dell’attore, forse facilitato da un aspetto esteriore particolarmente ambiguo che gli permette una buona dose di versatilità espressiva. A suo sfavore (e quindi a favore di Di Caprio) gioca il fatto che lui abbia già vinto l’anno scorso: la vittoria dell’oscar per due anni consecutivi (è capitato ai grandi come al mio ‘amato’ Tom Hanks) lo consacrerebbe come grande attore.

Brian Cranston (La vera storia di Dalton Trumbo) potrebbe essere il vero outsider della situazione: l’attore, negli USA, è noto per una serie di buone interpretazioni televisive. Anche qui, una vittoria (non del tutto improbabile) potrebbe spalancargli in modo più ampio il mondo del cinema: va detto che l’establishment americano usa manifestazioni come questa per una sorta di catarsi. Mi spiego meglio: Cranston interpreta la parte di uno sceneggiatore cinematografico americano (Dalton Trumbo), che negli anni ’40 fu messo sotto accusa perché accusato di simpatie comuniste, e per questo motivo emarginato. Una statuetta alla memoria, potrebbe pulire la coscienza al sistema Hollywood…

Matt Damon (Il sopravvissuto) e Michael Fassbender (Steve Jobs) hanno pochi assi per contrastare questa triade. Qualunque sia il discorso, io dico Redmayne.

Tra le migliori attrici c’è una lotta serrata. Da un lato c’è la professionalità indiscussa di Cate Blanchett, dall’altro un paio di attrici che ancora per poco tempo saranno considerate emergenti perché si stanno dando molto fare. La prima è Jennifer Lawrence (Joy) che ormai sembra abbonata alle candidature, ma che all’ultimo momento deve cedere il passo a qualcun’altra. La seconda è Brie Larson (Room -esce a breve in Italia-) che interpreta la parte di una madre che deve gestire un difficile rapporto con una figlia molto piccola. Charlotte Rampling e Saoirse Ronan non dovrebbero avere grosse chance in questa occasione. Io dico Larson

Tra i non protagonisti spicca di sicuro Tom Hardy, co-protagonista in The Revenant. Nel film è il cosiddetto cattivo, proprio come uno se lo aspetterebbe. Nonostante la parte sia stereotipata, complessivamente risulta molto verosimile. Vi invito a fare molta attenzione all’attore: è in uscita un suo film (The legend) dove interpreta la parte di due gemelli. Temo molto la carognata dell’Academy nei confronti di Di Caprio e vedo molto vicino alla vittoria questo attore. A poca distanza da lui, ci sarebbe Mark Ruffalo (Il caso Spotlight), attore che in un film corale riesce a trovare piccoli margini per distinguersi dal resto del cast. Potrebbe contrastare il passo a questi due l’attore Christian Bale (La grande scommessa), film che non ho visto perché non troppo attirato dal genere. A Sylvester Stallone (Creed – Nato per combattere) dico solo ben tornato. Mark Rylance (Il ponte delle spie) non mi sembra possa spiccare rispetto agli altri. Do credito alla carognata dell’Academy e dico Hardy.

Tra le non protagoniste dico subito Jennifer Jason Leigh (The hateful eight): l’attrice esce da un suo personaggio-cliché-complessato per affrontare un ruolo nuovo e di sicuro non facile. L’Academy però non ha grande considerazione per il ragazzaccio Tarantino e quindi potrebbe preferirle Alicia Vikander (The Danish girl), molto quotata pure lei. Risulta candidata anche Rachel McAdams per Il caso Spotlight: l’attrice non sfigura di certo, ma data la struttura del film (I protagonisti sono un piccolo gruppo di giornalisti), non ha sufficienti spazi per emergere quel tanto da poter aspirare al premio. Fuori quota Winslet (Steve Jobs) e Rooney Mara (Carol). Già l’ho detto e continuero a ribadirlo… JJL!!

E veniamo ai film ed ai registi.

Escludo subito Inarritu: visto il film dell’anno scorso, mi aspettavo qualcosa di maggiormente visionario e/o surreale. Il film poteva prestarsi a questo, ma il regista ha perso un’occasione e pure buona. Ha fatto invece un film paradossale e per il mio modesto parere pure inverosimile in certi punti. Escluderei pure Brooklyn così come il troppo tecnico Mad Max (rivisitazione, a detta del regista, del ciclo apparso sugli schermi negli anni ’80). Escluderei anche Sopravvissuto, storia non lontana dal genere del film Gravity di qualche anno fa. Non c’è un vero film dove si possa apprezzare qualche tocco registico particolare tale da lasciare il segno. A mio parere l’Academy premierà più la storia che la buona fattura del prodotto cinematografico. Se potrà essere questa la linea dell’Academy, allora il premio dovrebbe andare a Room. Altrimenti, già l’ho detto, come capita spesso in queste occasioni nazional popolari americane, l’Academy cercherà di lavarsi la propria coscienza dando l’alloro a Il caso Spotlight: basata su fatti realmente accaduti, il film narra la storia di un gruppo di giornalisti di Boston che indaga su casi di abusi sessuali perpetrati da numerosi sacerdoti della chiesa locale, coperti dall’arcivescovo e ignorati dalle autorità competenti. La pellicola, sorta di docu-film, rimane apprezzabile per una regia asciutta e per la volontà di denuncia rispetto a quanto accaduto.

Ebbene, nonostante mi sia soffermato a parlare molto di Spotlight, il mio pronostico è per Room (e per il suo regista), titolo che in Italia è imminente.

Non è un oscar che decreta la bellezza di un film, semmai può contribuire a decretarne il successo. Voi, a prescindere, andate al cinema.

Joe Gideon

DIO ESISTE E VIVE A BRUXELLES

Pubblicato: dicembre 25, 2015 in Uncategorized
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Locandina del film Dio esiste e vive a BruxellesFonte: trovacinema.it

Regia: Jaco Van Dormael

Interpreti: Catherine Deneuve, Benoit Poelvoorde, Yolande Moreau, Pili Groyne, Romain Gelin

Genere: Commedia

VISTO DA MARVIN

L’invasione dei film Francesi continua… E meno male, dico io, che sono stati sdoganati oltre il loro paese d’origine. Sono anni che abbiamo scoperto che la Francia è capace non solo di fare ottimi film d’azione ( Luc Besson è stato il primo grande nome che si è fatto conoscere nel mondo) ma anche film horror e commedie tali da far nascere remake quali, ad esempio, “Benevenuti al Sud” rifacimento di “Giù al nord”.

Ma le risorse e le idee dei film Francesi non finiscono qui. Oltre a saper far ridere “di pancia” sono anche capaci di far ridere “di testa” e di creare un film dall’ironia molto sottile e beffarda quale è il titolo in questione.

La parola che può venir subito in mente durante la visione di questo film è blasfemia.

Ma la blasfemia può essere gradevole, dolce e commuovere? Forse sì e quindi per questo evitiamo di partire già “con la puzza sotto il naso” tenendoci lontani da una pellicola di questo tipo perchè siamo pseudo-religiosi o timorosi di vedere chissà quale amoralità scenica. Certo una blasfemia per essere davvero efficace dovrebbe essere più cattiva, più spinta e allora sì che farebbe un grande effetto colpendo lo spettatore davvero in maniera sovversiva.

Non confondiamo però: il film non è una critica contro la religione cristiana (sebbene parecchie steccate ci siano) ma più che altro presenta la difficoltà del vivere e la tristezza umana del singolo e dove la comunicazione indiretta è solo un palliativo vuoto e spesso senza senso.

Sta più che altro a noi decidere con quale spirito vedere questo film, se dar più peso alla parte più critica verso Dio, l’umanità e la religione o se farci coinvolgere maggiormente dalla parte più romantica, leggera e poetica della storia.

Come stile narrativo, come tipo di personaggi buffi e come gran quantità di “zucchero” come tono narrativo e sopra le righe, questo film di Jaco Van Dormea mi ha ricordato moltissimo il film “Il Favoloso Mondo di Amelié” solo in versione meno briosa. Questa cosa potrebbe non essere un bene per il prodotto stesso, nel senso che una pellicola dovrebbe avere una sua identità e non ricordarne troppo un’altra.

In alcuni punti il film richiede un po’ di pazienza nel seguirlo, visto che si prende i suoi tempi senza voler correre. Che poi, da un altro punto di vista, potrebbe benissimo essere che siamo abituati a correre veloci e questo film, con le sue riflessioni, mette a dura prova una nostra abitudine da spettatori.

C’è da essere onesti, però, proprio con le persone riflessive a cui non dà fastidio prendere un film con i suoi momenti catartici: lo spunto iniziale del film, a causa anche della ripetitività delle situazioni, sembra man mano affievolirsi facendo tirare il tutto un po’ troppo per le lunghe e perdendo quindi d’efficacia.

Alla fine rimane un solo problema, un solo grosso impedimento che blocca questi film per la definitiva consacrazione a livello commerciale: una miglior distribuzione cinematografica.

Anche film che in Francia fanno ottimi incassi e vengono distribuiti anche da noi rimangono sempre nel sottofondo del mercato, sovrastati e schiacciati da tante e troppe pellicole americane a cui si dà eccessiva importanza a priori. Oppure perché sussiste una ricerca di pubblicizzare e divulgare meglio certi prodotti Italiani con uscite al cinema di troppi film fotocopia, assai simili gli uni agli altri.

C’è chi dice che “bisogna divulgare il made in italy”… Solo se è meritevole, aggiungo io, e preferisco un prodotto come questo con tutte le sue imperfezioni che altri, nostrani, che sembra non vogliano imparare dai loro errori.

VISTO DA JOE

Volete un film dissacrante? Volete un film surreale? Volete un film francese? Volete un film originale? Se almeno una delle risposte è SI’, allora questo film è per voi. C’è un’impronta di stampo epicureo (Dio non esiste, o se esiste, non si interessa di noi): ed ecco questa divinità antropomorfa rappresentata nella più mera quotidianità di una famiglia di basso ceto, con padre burbero, madre succube e figlia ribelle.

Questo Ente Superiore controlla l’umanità con cattiveria, senza empatia, senza capire: chiuso in una stanza-archivio, regola le vicende umane tramite un potente personal computer. Anzi, se può cerca di rendere più miserabile l’esistenza delle sue creature proprio perché di natura è crudele. Ma, mi si perdoni l’ossimoro, è una divinità umana soggetta alle intemperie del fato, a cui tutti devono obbedire, e anche per lui la ruota gira. Se questo è Dio, Gesù è un soprammobile con cui dialoga solo la sorella.

Per non rischiare di cadere nello spoiler (e in un eventuale omicidio da parte di Marvin nei miei confronti) non aggiungo altro perché è tutta una storia da scoprire. L’ironia non è sprezzante, non è sarcasmo (Beh, forse un po’ sì), ma non è nemmeno leggera come una piuma: si mescola comunque ad un registro poetico molto raffinato che lascia il segno e che ti accompagna anche dopo essere usciti dalla sala.

Si mescolano anche i modi di comunicare il film, senza creare squilibri, senza dare fastidio all’insieme o disturbare lo spettatore. Forse il finale contiene aspetti maggiormente zuccherati rispetto al resto: qualcuno potrebbe vedere in questo una caduta del film, mentre invece potrebbe essere qualcosa che è legato al messaggio della vicenda. Sono varie anche le tipologie umane rappresentate: anch’esse portano una vena di lirismo e se non creano empatia con la loro divinità, la creano di sicuro con lo spettatore.

Il regista sa essere sapientemente ‘leggero con spessore’ anche quando tratta della Morte, tema con il quale ogni essere vivente deve assolutamente fare i conti. Anche qui si associano aspetti a volte drammatici, a volte comici, ma spesso anche umoristici. Non è facile creare armonia tra questi diversi ambiti: eppure il regista, con mano sapiente, riesce a bilanciare bene questi difficili ingredienti, senza essere né didascalico né moralista.

Il cast è praticamente sconosciuto al grande pubblico ad eccezione di Catherine Deneuve, cui viene affidata una parte decisamente curiosa: nonostante il Tempo sia passato anche per lei, rimane di sicuro una professionista. Sicuramente non passa inosservata la recitazione di Benoit Poelvoorde nella parte di Dio: l’attore infonde al suo personaggio tutti quegli aspetti che lo possano rendere testardamente cattivo nei confronti di chiunque.

Ma ancora meglio sono i due giovani Pili Groyne (la figlia di Dio) e il giovane Romain Gelin (Willy): il loro essere in quella fase preadolescenziale li rende genuinamente poetici con un tocco anche di originalità.

Il film è candidato all’Oscar come miglior film straniero. Io faccio il tifo. E se vince, che nessuna dica che è stato raccomandato ‘dall’alto’…

Marvin e Joe, in smoking nero, con in mano un calice di spumante, chiacchierano in mezzo alla scena

M (guardando JG): Ma a Natale dobbiamo essere per forza più buoni?

JG (guardando M con aria poco espressiva): Ma anche no!

M (ridendo ed indicando JG): Ahah! Lo vedi che sei d’accordo con me su una cosa?

JG (con una smorfia): Uff..Non mi tirare gobbo con queste disquisizioni filosofiche da quattro soldi…Piuttosto (indicando davanti a sé)

M (agitandosi appena): Ah già! Bravo! Gli auguri!

(si mettono in una posa più consona per quello che stanno per fare, poi ci ripensano: il bicchiere rivolto al pubblico, e una mano sulla spalla dell’altro)

M e JG (all’unisono):Auguri a tutti, e grazie!

Fonte: Youtube

Locandina del film Alabama Monroe - Una storia d'amore  Fonte: Trovacinema.it

 

Regia: Felix Van Groeningen

Con: Mieke Dobbels, Johan Heldenbergh

Genere: drammatico.

 

 

VISTO DA MARVIN

Ma allora lo fanno apposta! Ad ogni film trovo un’occasione per tirare in ballo qualche argomentazione particolare legata al mondo del cinema: una volta ne dico contro la distribuzione/produzione italiana, una volta contro il nostro senso recettivo….insomma non mi va mai bene niente!!!

In questo caso voglio portare l’attenzione su quella grossa “piaga” legata al cambio (che non sempre coincide con traduzione letteraria) del titolo originale di un film. Ma dico io! Negli altri stati un quadro cambia titolo a piacimento?? Io penso ai film come opere d’arte e quindi non trovo giusto queste variazioni, a volte stravolgimenti dei titoli.

Il film in questione, in Italia è uscito col nome “Alabama Monroe” che non si capisce bene se si tratta di due nomi detti velocemente oppure un nome e cognome: solo vedendo il film si capisce bene il significato.

Il titolo originale sarebbe “The Broken Circle Breakdown”. Posso assicurare che vedendo il film questo è molto più significativo anche perchè la componente fondamentale di questo film è la colonna sonora. Ogni canzone ha un significato molto preciso per la vicenda anche se è un tipo di musica (ahimè) troppo poco conosciuta.

Il film racconta di due genitori (lei: Alabama, lui. Monroe) che si vedono strappar via in maniera troppo precoce la loro figlia da una malattia incurabile e il seguente declino della loro storia d’amore. Per vari motivi potrebbe sembrare il titolo italiano più azzeccato. Invece, visto il loro legame molto forte e sentito con la musica bluegrass (un genere di musica country), trovo molto più significativo e “alto” il titolo originale, cioè come concepito dallo stesso autore.

Data quindi la storia, i due interpreti hanno la responsabilità di raccontare una grande vicenda ed è molto importante che siano credibili e ben delineati, cosa in cui i due attori riescono molto bene. Per fare un esempio in questo senso, ho trovato molto potente la crescente disillusione di Monroe verso il sistema statunitense; dapprima idolatra gli Stati Uniti come patria del country per poi essere rabbioso nei confronti di chi non ha voluto procedere con la sperimentazione di farmaci che potevano salvare la figlia. Ancora, alcuni momenti di incomprensione tra i protagonisti, che sfociano anche in pura rabbia, possono essere forti e incomprensibili ma trovo che siano molto più realistici di quelli visti in tante commediole pseudo-romantiche.

In definitiva il film non ha particolari meriti (o demeriti) tecnici: si differenzia da altri film per una colonna sonora caratteristica e due grandi interpreti. Anche il susseguirsi e il continuo sentirsi trasportati da momenti del passato ad avvenimenti presenti della coppia protagonista risultano mai stancanti ma neanche completamente fluidi.

NOTA : il film era in concorso nella sezione “miglior film straniero” agli ultimi Oscar, premio che è poi andato all’italiano “La Grande Bellezza”. La mia opinione che è stato fatto un grande errore viene rafforzata dopo la visione di questo film.

 

 

VISTO DA JOE

L’educazione al dolore, ecco cosa ci manca. Ci vorrebbe nel nostro DNA quel gene che possa permettere di maturare un lutto senza troppe complicazioni, rimanendo comunque persone sensibili.

Sì, perché qui si parla di una morte che divora lentamente tutto fino alla distruzione. Non è il solito film didascalico sul cancro, anzi. E’ una storia verosimile che sottolinea come, in questa strana lotteria che è la vita, il cancro possa colpire indistintamente chiunque, rovinando in modo indelebile serenità ed equilibri acquisiti faticosamente nel tempo.

Rovina anche un uomo ed una donna che, nella trama, sembravano destinati a condividere la più divertente e la più bohemien delle sorti. Li rovina al punto da metterli in progressiva e netta opposizione.

Non è il solito film nemmeno nella struttura. Sembra quasi un girotondo, perchè le scene non sono mostrate in ordine cronologico ma in un casualissimo andirivieni tra passato e presente. Sembra la costruzione di un puzzle… hoestrattounpezzoelomettoqui!… Oppure la struttura può ricordare il tiro a sorte di cui parlavo prima: nel montaggio, il regista sembra estrarre a caso i vari spezzoni del suo girato e li giustappone senza uno specifico criterio, così come la Vita estrae senza preavviso il nome di chi sarà colpito da qualche disgrazia.

Non è un artificio per mettere fumo negli occhi: la vicenda è una Signora Vicenda che sarebbe stata in piedi anche secondo la più rigida sequenza logica. Il volerla rappresentare in questo modo vuole sottolineare una serie di aspetti tra cui il carattere sbarazzino dei due protagonisti (uomo e donna che con spirito simil-zingaresco suonano e cantano in un’orchestrina di musica country vivendo –bene- alla giornata) e la stessa vita che prende in giro i suoi partecipanti senza uno schema preciso.

Devo dire che non impazzisco per il genere country, ma le numerose canzoni presenti nella pellicola hanno fatto da bellissimo contrappunto alle scene ed alla vicenda.

Attori e regista? Mamma come sono ignorante: mai visti né sentiti prima d’ora ma veramente molto bravi e… e… e… e diciamola tutta: il film era candidato all’Oscar come miglior pellicola straniera. Okayokayokayoccheioccheiocchei l’Oscar non è la pietra filosofale che risolve i problemi, né è quell’oggetto il cui tocco taumaturgico libera da tutti i mali del mondo. Non ho visto Sorrentino (che continuo e continuerò a stimare) ma il film belga, secondo me, si beve La grande bellezza in qualsiasi occasione.

Perché il film si chiama così? Allo spettatore la scoperta, anche se per l’ennesima volta la distribuzione italiana si è fumata qualcosa di strano nell’assegnargli il titolo.

 

 

[Joe e Marvin sono in silenzio uno di fronte all’altro a distanza ravvicinata; hanno entrambi la faccia minacciosa; quando all’improvviso…]

JG (serissimo): Ahò… La grande bellezza je spiccia casa a Alabama Monroe!

M (mantiene lo sguardo iniziale ma solo per qualche secondo perchè poi scoppia a ridere fragorosamente; riprendendosi): Effettivamente ti devo dar ragione… (sottolineando con gesti eloquenti) Io che i film LI VEDO, mi trovo d’accordo con te…

[Joe, nella stessa posizione di prima, continua a guardarlo senza tradire emozione]

M (divertito): Com’era?

JG (serissimo, precisando): Je… spiccia… casa!! (M ride ancora)

 

Fonte:youtube